Cucina

I “Taralli di San Biagio”: breve storia e ricetta

Per la festa di San Biagio, è tradizione in Abruzzo fare lu “taralle”: «Lu taralle de sante Bbiasce», il santo protettore dei lanaioli e di tutti i mali alla gola. Lievitato come il pane, lu “taralle”, o “ciambelle”, noto in alcuni luoghi anche con altri nomi specifici, rappresenta nell’immaginario popolare il “pane” che Biagio, lu Sande Cannarute, avrebbe usato per salvare dall’asfissia un bambino che aveva ingerito una lisca di pesce. Ma si sa, la tradizione arricchisce la storia anche di zucchero e dolcezza, ed ecco che così dal pane si è arrivati alla ciambella, o per meglio dire… alle ciambelle.

Per una dose di un “canestro” di taralli, procuratevi:

3 uova intere;

Circa 800g di farina.

Un bicchiere d’olio extravergine d’oliva;

Un po’ d’acqua, circa 150g;

Un pizzico di sale;

200g di zucchero;

Una bustina di lievito di birra;

E per aromatizzare dell’anice, o dei semi di finocchio. 

Si comincia col mettere da parte un mucchietto di farina. Lo useremo più tardi per lavorare l’impasto quando sarà pronto. Rovesciate sul piano di lavoro la farina rimasta. Aggiungete lo zucchero, il lievito di birra e gli odori: decidete voi se optare per l’anice o per i semi di finocchio. Mischiate e polveri, amalgamate per bene e montate il tutto a fontana.

A questo punto si spolvera con un pizzico di sale. Si rompono tre uova. Si aggiunge l’olio. Cominciate col lavorare l’impasto a partire dai liquidi. Per aiutarvi a stringerlo, potete colare l’acqua un po’ alla volta. Abbiamo detto circa 150g, ma l’impasto potrebbe richiederne di più o di meno. Ricordate sempre che sarà pronto quando si staccherà facilmente dalle mani, lasciandovele pulite. In questo caso, l’impasto va lavorato a lungo: è un procedimento semplice, ma cominciate col pensare che ci vorrà parecchio tempo. Il vostro tarallo dovrà lievitare… molto a lungo.

Copritelo con uno strofinaccio, e anche con una copertina, o meglio… con una “cupertole”. Questi accorgimenti serviranno a tenere l’impasto al caldo, e a stimolarlo durante la lunga fase di lievitazione.

Ci vogliono dalle tre alle quattro ore, anche più se necessario. Capirete da soli quando è il momento di riprendere: l’impasto dovrà essere quasi raddoppiato.

Scopritelo e ricominciate col lavorarlo. Credevate di aver finito, eh?

Il tarallo va impasto e lasciato lievitare per ben due volte; ma se di tempo ne avete poco, potete rimediare aumentando le dosi di lievito. Ricordate però che se volete ottenere dei taralli belli morbidi e leggeri, l’impasto dovrà lievitare almeno due volte. 

Coprite di nuovo e lasciatelo riposare qualche altra ora.

Arriverà infine il momento di acciambellarlo. Procedete con l’«acciarullare» un primo pezzo d’impasto. Questi non sono tarallucci, quindi siate generosi: se volete che le vostre ciambelle escano col buco, fatele belle larghe. La lievitazione le gonfierà ancora, e chiuderà in questo modo tutti i buchi molto stretti.

Lasciateli riposare un’ultima volta: se amate la lievitazione lenta e naturale, potrete lasciarli anche per un’intera nottata. Questo è il risultato finale: i taralli dovranno raddoppiare.

Cuocete in forno a 170° per 15-20 minuti. Capirete anche solo dall’odore quando i vostri taralli sono pronti: dovranno diventare di questo particolare color bruno, e ovviamente cuocere più o meno in base alla loro grandezza.

Il tarallo per la festa di San Biagio è un dolce semplice, molto morbido e leggero. Teoricamente potrete anche farcirlo, o inzupparlo, o gustarlo così com’è. L’importante è lasciarvi prendere… per la gola, come ogni vera tradizione dolciaria sa fare.

Ventinove anni e un nome insolito. Ho cominciato a scrivere storie poco più tardi di quando ho cominciato ad ascoltarle, prima da mia madre, poi da mia nonna, poi da chiunque ne avesse una da raccontare.

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