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Rosa Parks: la donna che col suo rifiuto cambiò la storia dei diritti degli afroamericani

È il primo dicembre 1955. A Montgomery, in Alabama, una donna di colore sale sull’autobus 2657. È diretta a casa dopo una giornata di lavoro e prende posto in un sedile della fila centrale. Ma a poche fermate di distanza, con il pullman ormai pieno, il conducente le chiede di alzarsi per cedere il sedile ad un passeggero bianco.

È il Codice della Città di Montgomery, che impone una separazione tra bianchi e neri anche sui mezzi di trasporto. Quattro persone afroamericane vengono obbligate ad alzarsi, ma una di loro si rifiuta di farlo: è Rosa Parks, la donna che con il suo gesto diede inizio alla battaglia non violenta per i diritti civili degli afro-americani.

La vicenda di Rosa Parks inizia nell’Alabama degli anni Cinquanta, in un tempo e in un luogo in cui i cittadini di origine afroamericana non godevano degli stessi diritti dei bianchi. Nonostante infatti l’abolizionismo e la cessazione della schiavitù, avvenuta formalmente nel 1865, molti stati meridionali degli Usa continuarono a perpetuare una politica separazionista, in cui i neri erano considerati “separati ma uguali” (separeted but equal), anche in virtù di una serie di norme locali conosciute come “leggi Jim Crow”.

In vigore tra il 1879 e il 1960, queste leggi discriminatorie aggirarono molte delle tutele che erano state approvate con la fine della guerra civile e compresero atti come la segregazione sui mezzi di trasporto, negli uffici, nelle aziende e nei partiti. La popolazione di colore in quegli anni era sottoposta ad umiliazioni, tagliata fuori da certe scuole, da certi lavori, e da certi quartieri; si arrivò persino a limitare il diritto di voto agli afroamericani, benché questo fosse stato esteso almeno ai cittadini maschi: per farlo si usarono espedienti come l’imposizione di una tassa per votare o l’istituzione di prove di cultura generale che la popolazione di colore, spesso proveniente da ambienti poveri ed impossibilitata a proseguire gli studi, non era in grado di sostenere.

Chi non rispettava queste imposizioni o contestava l’ordine sociale doveva affrontare beffe, violenze, arresti, e persino omicidi.

L’evento del 1° dicembre.

Nella città di Montgomery, dove Rosa Parks risiedeva e lavorava come sarta, le regole imponevano una segregazione su tutti i mezzi di trasporto pubblico: i conducenti avevano il potere e il dovere di controllare che bianchi e neri fossero adeguatamente seduti e separati. In genere gli autobus erano divisi in tre settori: i primi 10 posti davanti erano destinati ai bianchi, gli ultimi 10 riservati ai neri e una dozzina di sedute intermedie poteva essere utilizzata da entrambi. Tuttavia se capitava che non vi fosse altro posto se non quello occupato da un afroamericano, quest’ultimo era obbligato ad alzarsi per lasciar posto ad un bianco.

Fu su un autobus come questo che salì Rosa Parks. La donna sedette nel settore che le competeva, al primo di una serie di posti destinati ai passeggeri di colore. Il mezzo iniziò tuttavia a riempirsi, finché tutti i posti furono occupati ed alcuni individui bianchi rimasero in piedi. Intervenne allora il conducente, che accorgendosi della situazione, arrestò il mezzo ed impose a quattro persone di colore, fino a quel momento sedute, di cedere il proprio posto ad altrettanti passeggeri bianchi.

L’ordinanza cittadina in realtà non specificava che il conducente avesse questa autorità, ma fattivamente era così che funzionavano le cose. Se i passeggeri di colore protestavano, gli autisti potevano richiedere l’intervento della polizia per rimuoverli con la forza.

Delle quattro persone a cui quel 1° dicembre 1955 fu chiesto di lasciare il posto, tre obbedirono, ma la quarta, Rosa Parks, si rifiutò di farlo. «Non credo che dovrei alzarmi» rispose al conducente che insisteva. Così l’uomo chiamò la polizia e la donna venne arrestata.

Il boicottaggio degli autobus di Montgomery.

Dopo l’arresto, Rosa fu incarcerata per condotta impropria e rilasciata dopo poche ore, grazie alla cauzione pagata da Clifford Durr, un avvocato bianco vicino alle posizioni dei neri. Fu però stabilita la data del suo processo, che si sarebbe tenuto quattro giorni dopo, il 5 dicembre 1955.

L’evento produsse non poco nervosismo nella comunità afroamericana, con il rischio la situazione degenerasse in atti violenti e successive rappresaglie da parte dei bianchi. Per questo si decise che la reazione a questa ingiustizia sarebbe stata netta, ma pacifica. Jo Ann Robinson, presidente della Women’s Political Council, un’associazione femminista afroamericana di quegli anni, pensò di stampare un comunicato anonimo e di diffonderlo in centinaia, migliaia di copie, presso i membri della comunità di colore. Nel comunicato si chiedeva alla popolazione nera di boicottare i mezzi pubblici della città nel giorno del processo di Rosa, di restare a casa, o di muoversi coi taxi o al massimo di andare al lavoro a piedi.

View of a number of African-American commuters as they walk to work on the ‘Day of Pilgrimage,’ a protest that was part of an ongoing bus boycott in the wake of the Rosa Parks incident, Montgomery, Alabama, February 1956. (Photo by Grey Villet/The LIFE Picture Collection/Getty Images)

Innumerevoli volantini furono distribuiti presso le scuole, nei negozi, nelle chiese; aiutate anche dalle lavoratrici più indipendenti, come parrucchiere ed estetiste, le attiviste riuscirono a raggiungere moltissime persone e in poche ore tutta la comunità nera di Montgomery seppe del boicottaggio. La notizia raggiunse anche Martin Luther King ed altri leader di associazioni anti-segregazioniste, che decretarono che il boicottaggio dovesse procedere ad oltranza, finché le cose non fossero cambiate.

Per 381 giorni, dal 5 dicembre 1955 al 26 dicembre 1956, la protesta andò avanti senza sosta. Furono coinvolte migliaia di persone: solo durante il primo giorno 40.000 afroamericani che vivevano a Montgomery scelsero di andare a lavoro a piedi, alcuni camminando anche per 20 miglia. Nei giorni e nelle settimane che seguirono nessuno di loro prese più l’autobus. I tassisti di colore adeguarono le tariffe a quelle del trasporto pubblico, abbassando il prezzo minimo stabilito per legge di 45 centesimi per viaggio a 10. Ci si organizzò per spostarsi con macchine comuni e per oltre un anno i mezzi pubblici rimasero vuoti, così che, senza i ricavi dei biglietti dei neri, che erano la maggior parte degli utenti del servizio, le casse dell’azienda andarono in rosso.

The bus driver is all alone as his empty bus moves through downtown Montgomery, Ala., April 26, 1956, as blacks continue to boycott the buses even though the bus company has ordered an end to segregation. However police have threatened arrest if the blacks desegregate. (AP Photo/Horace Cort)

Molti segregazionisti reagirono con atti violenti: le chiese nere vennero bruciate, gli afroamericani arrestati o multati per aver violato le leggi con il loro boicottaggio. Lo stesso Martin Luther King subì ripercussioni, e anche dopo la fine delle proteste gli atti violenti non terminarono: Rosa Parks perse il lavoro e fu costretta a cambiare città.

Ma il boicottaggio funzionò. La città di Montgomery divenne un punto di risonanza per l’intero paese e costrinse la Corte Distrettuale dell’Alabama a dichiarare incostituzionali le leggi Jim Crow nel giugno del’56. Nel dicembre dello stesso la città di Montgomery, incapace di risollevare le casse del trasporto pubblico per mancanza di utenti, fu costretta ad abolire in modo permanente la segregazione sugli autobus, così che il 20 dicembre di quell’anno, oltre un anno dopo il rifiuto di Rosa Parks, il boicottaggio ufficialmente terminò.

Non si trattò della conclusione definiva al problema della segregazione raziale in America, ma fu un primo passo verso il cambiamento. Il boicottaggio degli autobus di Montgomery è tuttora riconosciuto come una delle più grandi manifestazioni non violente della storia a favore dei diritti dell’uomo.

Chi era davvero Rosa Parks e il perché del suo gesto.  

Per molto tempo si disse che Rosa rifiutò di cedere il posto su quell’autobus a causa della stanchezza, ma come lei stessa dichiarò tempo dopo, non si trattò di stanchezza fisica, ma psicologica: la donna era stanca di arrendersi di fronte alle ingiustizie, e soprattutto conosceva bene il problema della segregazione raziale negli Stati Uniti del suo tempo.

Quel gesto non fu quindi casuale. Rosa era già allora segretaria della divisione di Montgomery del NAACP, la National Association for the Advancement of Colored People, ed aveva seguito alcune lezioni sulle strategie di protesta non violenta. Era quindi perfettamente conscia del significato di quel suo diniego: non un gesto autonomo, isolato o autoconclusivo, né una reazione automatica e spontanea dovuta alla problematica del momento, ma un rifiuto che, se inquadrato nella giusta situazione e nel giusto frangente storico, poteva diventare simbolico e reazionario per decine, centinaia di migliaia di persone.

Già il giorno del suo processo, il 5 dicembre del ’55, Rosa trovò infatti ad accoglierla una folla di oltre 500 sostenitori locali, che crebbero vertiginosamente man mano che le proteste aumentarono.

Il suo non fu però un caso isolato. Vale la pena di ricordare almeno altre quattro donne che, prima di lei, rifiutarono nella sua stessa città e in quello stesso anno di cedere il proprio posto a passeggeri bianchi: Claudette Colvin, Aurelia Browder, Susie McDonald e Mary Luise Smith, che, esattamente come Rosa, furono arrestate tra marzo ed ottobre del 1955. 

Le loro azioni, benché precedenti, non ebbero tuttavia la stessa risonanza che ebbe la Parks: probabilmente infatti il ruolo di quest’ultima fu visto, già al tempo, come potenzialmente più adatto a rappresentare il movimento di protesta pacifista dei cittadini di colore. Quarantenne, matura e ben educata, Rosa Parks simbolizzò meglio delle altre l’integrazione pacifista, oltre che la classe media a cui apparteneva e a cui il suo aspetto l’avrebbe fatta facilmente associare. Per questo, secondo alcuni, i leader neri di Montgomery non pubblicizzarono nello stesso modo il gesto analogo di Claudette Colvin, liceale ed appena sedicenne, benché fosse accaduto ben nove mesi prima, il 2 marzo 1955.

Rosa Parks fu quindi la persona giusta al momento giusto, con le adeguate competenze e le caratteristiche ideali per diventare la “madre” del movimento per i diritti civili dei cittadini di colore.

Quel bus, il numero 2857, su cui viaggiava Rosa in quel lontano dicembre, è tuttora conservato all’Henry Ford Museum di Dearborn, in Michigan. Al suo interno scelse di farsi immortalare Barack Obama nel 2012: una foto che simbolicamente rappresenta l’incontro tra il primo presidente di pelle nera e la donna di colore che «mettendosi a sedere […] si alzò per difendere i diritti di tutti e la dignità dell’America» (Bill Clinton, 1999).


Fonti:

https://www.focus.it/cultura/storia/la-storia-di-rosa-parks-eroina-dei-diritti-dei-neri

https://en.wikipedia.org/wiki/Rosa_Parks

https://www.biography.com/activist/rosa-parks

https://www.biography.com/news/rosa-parks-life-after-montgomery-bus-boycott

https://www.nationalgeographic.it/storia-e-civilta/2020/02/le-leggi-di-jim-crow-hanno-creato-un-altro-tipo-di-schiavitu

https://www.ilpost.it/2012/07/23/cosa-furono-le-leggi-jim-crow/

https://it.wikipedia.org/wiki/Movimento_per_i_diritti_civili_degli_afroamericani

https://it.wikipedia.org/wiki/Boicottaggio_dei_bus_a_Montgomery

https://it.wikipedia.org/wiki/Claudette_Colvin

https://it.wikipedia.org/wiki/Aurelia_Browder

https://en.wikipedia.org/wiki/Susie_McDonald

https://it.wikipedia.org/wiki/Mary_Louise_Smith_(attivista) https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Barack_Obama_in_the_Rosa_Parks_bus.jpg

Ventinove anni e un nome insolito. Ho cominciato a scrivere storie poco più tardi di quando ho cominciato ad ascoltarle, prima da mia madre, poi da mia nonna, poi da chiunque ne avesse una da raccontare.

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