Attualità

Un libro lo legge chi lo compra, non chi lo vende

Dal 25 Marzo in poi chiunque metta in vendita dei prodotti editoriali in forma di libro non potrà applicare al prezzo di copertina uno sconto maggiore del 5%. La norma è stata salutata con grida di giubilo da più o meno tutte le parti coinvolte nella sezione vendita del prodotto: le librerie, sia di catena che indipendenti, la Confesercenti e diversi sindacati.

La norma è esplicitamente intesa a salvaguardare la vendita fisica dei libri, e di riflesso tutti gli operatori del settore. La concorrenza di Amazon, che può contare su impressionanti volumi di vendita e manodopera a bassissimo costo, quando non meccanizzata, stava schiacciando in particolare i librai, sia di catena sia indipendenti.

Fin qui le intenzioni e persino la misura sembrano nobilissime. In un videomessaggio dalla forma quasi talebana, pubblicato sul sito del Corriere della Sera, lo scrittore Gianrico Carofiglio ha persino invitato il governo a riaprire le librerie. Il giornale, va detto, non è nuovo a queste smancerie retoriche (ospita pur sempre rubriche fisse di Gramellini e D’Avenia, due maestri indiscussi del mai abbastanza aborrito genere “piangi qui”), ma la cosa interessante è che Carofiglio identifica, evidentemente, le librerie con la lettura. Il messaggio sottinteso del suo appello è, cioè, che con le librerie chiuse la gente smette di leggere. O di comprare libri, che ancora una volta, per lui sono la stessa cosa.

Tuttavia, va sottolineato come questa legge dimentichi una cosa fondamentale: che a decidere cosa, quando e come leggere sono i lettori, i quali del mercato editoriale italiano non sembrano essere così entusiasti. In Italia, stando agli ultimi dati, meno del 40% della popolazione ha letto un libro nell’ultimo anno, contro oltre l’80% della Francia. Inoltre, è doveroso qui aprire un mesto capitolo sulle “librerie”.

Le librerie di catena (Mondadori, Feltrinelli, e chi più ne ha più ne metta) sono spesso l’esatto contrario di ciò che ci si aspetterebbe da un presidio culturale. I primi scaffali a cui si va incontro sono di solito pieni di spazzatura pacchiana e plasticosa, che con la letteratura ha poco o nulla a che fare, a meno che non pensiate che possedere una tazza del Trono di Spade o un calendario con l’oroscopo 2020 con in copertina “Il Piccolo Principe” vi qualifichi come accaniti lettori. La scelta, poi, di solito è ridotta alle grandi o grandissime case editrici, e così i titoli, la cui qualità spazia di solito dal libro di ricette su come cucinare il pollo, al volume che promette di farvi diventare ricchi, dopo che ve lo avrà spiegato un uomo calvo e coi denti bianchissimi che “si è fatto da sé” (ma gli altri come si fanno? Da chi sono fatti? Mah). La sezione classici, di solito, è in fondo, mischiata con gli scaffali dedicati ai giocattoli (ho visto con i miei occhi una copia di Guerra e Pace vicino a un cannone giocattolo, carina come idea).

Le librerie indipendenti, le poche sopravvissute, sono talvolta oasi di qualità, ma dipende dai librai. Se il libraio è colto, capace, e ama il suo mestiere tutelarlo è giustissimo, anche a discapito della grande distribuzione. Sulla rivista online “Il Mulino”, un bellissimo e accorato articolo di Raffaella Garruccio difendeva la “bibliodiversità” di questi luoghi. Capita, però, che una libreria venga tenuta poco meglio di una rimessa degli attrezzi, e che i polverosi volumi al suo interno riguardino solo la fondazione ad opera di un ignoto barone di paesi sconosciuti o antologie di poeti locali in dialetto. Quella non è “bibliodiversità”, è campanilismo.

Il commercio online di libri permette a chi è lettore (lettore serio, si intende) possibilità che quasi nessuna libreria permette. Fermatevi solo a riflettere a quante cose non avreste potuto leggere senza i cataloghi online di Amazon, o quanti libri non avreste potuto comprare senza gli sconti.

Personalmente, senza Amazon (e compagnia cantante) non avrei potuto reperire la bibliografia della mia tesi di laurea (non in tempi certi, perlomeno); non avrei potuto regalare libri ad amici e amiche che vivono a Milano o Padova; non avrei letto nessuno dei fumetti di Gipi, delle introduzioni delle antologie dei Meridiani Mondadori, e quasi nessuno dei saggi che ho letto quest’anno. Perché in libreria costano troppo, o ci mettono due mesi ad arrivare, o il libraio non li conosce e non sa nemmeno dove andarli a prendere.

L’equazione libreria = lettori di qualità è abbondantemente superata da un mercato editoriale che volenti o nolenti non è fatto solo da librai, editori, stampatori e scrittori, ma anche (soprattutto) da LETTORI.

Nessuno è felice di affidare i propri gusti letterari ad un algoritmo né di finanziare Jeff Bezos, ma non si difendono la cultura e la lettura aumentando i prezzi (perché guardiamoci in faccia da adulti, di questo si tratta, di un aumento di prezzo arbitrario); men che mai in un paese dove le persone che “leggono” non navigano nell’oro.

Come i commessi delle librerie di catena, per esempio.


Per saperne di più:

https://www.rivistailmulino.it/news/newsitem/index/Item/News:NEWS_ITEM:5032

https://www.ilsole24ore.com/art/via-libera-legge-libro-ecco-cosa-cambia-i-consumatori-ACsEgvHB

Trent'anni e innumerevoli passioni, tutte noiose. Scrivo di libri, di attualità, e di libri che parlano di attualità, ma solo con penne stilografiche.

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