Scrittura

Come evitare le fakenews: l’importanza di citare sempre le fonti (nei video su YouTube)

La scelta di pubblicare online video, articoli o qualsiasi altro genere di contenuto che veicoli informazioni ci pone sempre davanti ad una grossa responsabilità: quella di dire cose vere. Un canale YouTube, ad esempio, è un contenitore di dati che ogni giorno tantissime persone fruiscono. Un video su questa piattaforma può incidere sulle conoscenze, sulle idee o sul modo di ragionare delle persone molto più di quanto oggi possa fare un libro. Perché mediamente nella nostra società ci sono più utenti che guardano video su YouTube di quanti leggano libri.

Questo non è necessariamente un fatto negativo. A parità di argomenti e contenuti infatti, un buon video su YouTube può dare risultati positivi anche nello studio o nell’apprendimento di informazioni, come farebbe anche un documentario. Tuttavia, sebbene nessuno di noi abbia dubbi sull’affidabilità di un documentario trasmesso in tv, è facile chiedersi se un video su YouTube diffonda notizie attendibili oppure no. Essendo YouTube una piattaforma aperta a tutti, i suoi contenuti non sono soggetti a controllo, e chi li pubblica non è necessariamente uno studioso o un professore. Anzi, converrete con me che il più delle volte non lo è.

Come fare allora a fidarsi? E come, dall’altro lato dello schermo, permettere gli altri di fidarsi di noi?

A questo servono le fonti. A meno che non abbiate deciso di aprire un canale YouTube per diffondere fakenews e sbarcare il lunario in questo modo, sono certa che vogliate essere sicuri di dire la verità e dimostrarlo a chi vi segue.

Perché citare le fonti?

Citare le fonti protegge voi e protegge gli altri. Nel vasto mare della rete, la citazione delle fonti vi permette di regolare su di voi una sorta di controllo dall’esterno che rassicura che ci si segue. Farlo è un buon modo per delegare ad un esperto del settore la responsabilità delle vostre parole.

Personalmente amo la storia, ma non ho mai fatto ricerca storiografica in prima persona, quindi come potrei convincervi che sto dicendo una cosa vera? Non ho l’autorevolezza per farlo. Ma uno storico ha questa autorevolezza, e nel momento in cui io consulto il suo lavoro mi affido a lui, o a lei, e mi sento a mia volta tranquilla che le informazioni che leggo e cito sono veritiere.

Qualsiasi creatore di contenuti è sempre costantemente sotto l’occhio critico dei fruitori, quindi anche da questa parte c’è l’ansia di sentirsi adeguati. Se state dicendo una stupidaggine, qualcuno ve lo farà notare e vi criticherà giustamente per questo. Può capitare a tutti di sbagliare, ma anche lasciandoci un margine di imperfezione – del resto siamo umani si deve almeno sempre partire dalle giuste intenzioni. E se consultate e citate le fonti, siete sulla buona strada.

Consultare le fonti.

Viene da sé che citare le fonti presuppone che voi le abbiate effettivamente consultate. Consultare significa leggere, ragionare e capire. Come si fa?

Innanzitutto le fonti vanno lette integralmente, almeno nella parte che vi interessa. Se avete circoscritto il vostro contenuto ad un certo argomento, non è detto che dobbiate leggere un libro intero per affrontarlo. In uno dei miei ultimi video, La grande depressione, mi sono soffermata sulla crisi del ’29, affidandomi al Sabatucci-Vidotto, che è un libro universitario di oltre 800 pagine. Per fare il video non le ho lette tutte, ma ho ritenuto necessario leggere almeno tutto il capitolo che parlava dell’argomento. A volte questa operazione vi richiederà di tornare indietro, soprattutto se parlate di storia, a capire fatti precedenti che potrebbero tornarvi utili. Se citate un evento, andate a leggere di cosa si tratta, o rischierete di metterlo nel contesto sbagliato o addirittura di presentarlo nel modo sbagliato.

Spesso le fonti vanno incrociate. Se avete la possibilità, vi consiglio di consultare almeno due fonti che parlano dello stesso argomento. Questo vi metterà di fronte ad un’analisi più ampia del problema, che può portare a galla sfumature che altrimenti vi sarebbero sfuggire.

Quali sono le fonti.

O meglio, forse dovrei prima dire: cosa sono le fonti. Le fonti sono le raccolte di informazioni dalle quali possiamo trarre delle conoscenze. Il termine “fonti” si riferisce innanzitutto alle fonti storiche, quei testi, quei manufatti, quegli oggetti che possono in qualche modo essere “letti” e studiati per capire il passato. Anche se molti credono che la storia sia un’invenzione di Pinco Pallino, in realtà la storia è frutto dello studio di testi, oggetti e resti di chi ha vissuto prima di noi.

Da studiosi o appassionati di storia, noi difficilmente avremo accesso ad un manoscritto del passato o ad un reperto archeologico. Ma siamo fortunati che qualcuno ha svolto questa operazione prima di noi ed ha raccolto le informazioni in testi che possiamo consultare. Le fonti a cui avremo accesso saranno per questo principalmente dei testi e perlopiù li troveremo in due formati: in libri o su piattaforme online.

Spesso si cade nel tranello secondo cui una fonte bibliografica sia più affidabile di una online. Non è detto. Un’autopubblicazione rischia di essere una fonte poco attendibile; di contro un articolo pubblicato online da un’università o da una rivista può essere una buona fonte a cui affidarsi. Ma come distinguere il buono dal cattivo?

Le fonti bibliografiche.

Per quanto riguarda le fonti bibliografiche la cosa è piuttosto semplice. Controllate innanzitutto che esista una casa editrice. In linea di massima, le case editrici eseguono un controllo sulle opere che include più persone e che ci permette, almeno in linea teorica, di fidarci. Se avete dubbi sull’autore del libro che state consultando, potete sempre cercare informazioni su di lui. Online troverete sicuramente qualcosa. Se poi credete che esista un complotto di poteri forti, c’è poco da fare.

Un buon modo per controllare l’affidabilità di una fonte bibliografica è quello di andare a guardare quali sono le fonti citate a sua volta dall’autore. I manuali o libri di saggistica normalmente hanno note a pie’ di pagina ed indicazioni bibliografiche, che contengono i titoli dei libri consultati da chi li ha scritti. Queste fonti sono utili, anche perché potrebbero farvi scoprire dei titoli sull’argomento che non conoscevate e che potrebbero interessarvi.

Credo con ogni probabilità che possiate fidarvi di un manuale, o di testi scolastici ed universitari.

Le fonti online.

Se un libro può apparire facilmente affidabile, la stessa cosa non si può dire per la rete. Quel controllo che è tipico delle pubblicazioni, online è praticamente assente. Come muoversi?

Innanzitutto cercate le vostre informazioni sulle enciclopedie online, come la Treccani. Oppure su testate giornalistiche e su riviste scientifiche che abbiano riconoscimenti ufficiali. Non perché la cosa sia di per sé una garanzia, ma perché una rivista, iscritta in un albo editoriale, possiede un “Direttore Responsabile” di ciò che viene pubblicato. Nessun direttore si prende la responsabilità di scrivere falsità conclamate. Tutto questo è particolarmente significativo per gli argomenti di carattere medico, su cui la rete normalmente si sbizzarrisce.   

Ottimi esempi di fonti affidabili in campo scientifico sono le riviste Lancet e Science (consultabili anche online), o i siti delle organizzazioni sanitarie nazionali o sovranazionali, come il sito dell’Istituto Superiore di Sanità (in Italia) e il sito della World’s Health Organization (WHO).

Vi potrà però capitare di non trovare abbastanza informazioni e potreste sentirvi costretti a guardare altrove, incorrendo sempre e comunque nel rischio di non affidabilità. Non c’è in questo caso certezza assoluta, ma potete almeno provare ad affidarvi ad alcuni “elementi spia”.

Il primo è la chiarezza, la logicità e la correttezza formale e anche grammaticale del testo che avete davanti. Preferite articoli con titoli non clickbait, cioè che non attirino l’attenzione con titoli strillati (“La verità che nessuno vi ha detto e vi vogliono tenere nascosta perché sono cattivi/venduti/rettiliani”) o che eludano l’argomento con il solo fine di essere aperti (“Abbiamo scoperto una cosa incredibile”); e possibilmente siti che abbiano almeno un dominio. Indirizzi web che terminano con “workpress.com” o “altervista.it” sono siti senza dominio, che il più delle volte contengono articoli singoli, a volte vecchissimi, e sono tenuti da persone che non palesano la propria identità.

Se necessario potete affidarvi ai siti di debuking, che sono specializzati nello smascherare le bufale della rete. Il più famoso in Italia è Bufale.net, che contiene, oltre alle singole notizie, un’accurata “Lista Nera” di siti e delle pagine social poco affidabili o notoriamente spacciatori di notizie false. Noterete, tra questi siti, molti indirizzi “clickbait” (“quellocheipoterifortinondicono.it”).

Se vi è possibile controllate sempre l’autore. Se nella sua biografia c’è una condanna per diffamazione o l’espulsione da un ordine professionale (quello dei medici o degli psicologi, per esempio), sappiate che difficilmente espellono qualcuno perché dice la verità.

E allora Wikipedia?

Il problema “Wikipedia” merita un discorso a sé. Una critica che mi viene rivolta spesso nei commenti è che Wikipedia non sia una fonte attendibile, benché mi sia capitato, e in molte occasioni, di citarla. Gli insegnanti a scuola abborriscono l’idea che si possa consultare Wikipedia, ma questa non mi sembra una buona ragione per preferirle siti egualmente inattendibili, o dei quali non è possibile avere indicazioni autoriali.

Credo, ma questa è una mia opinione, che sia lecito consultare Wikipedia a patto che lo si faccia con qualche precauzione. Sappiamo tutti che si tratta di un’enciclopedia scritta da utenti, ma non per forza da utenti ignoranti o mistificatori. Proprio per questo anche negli articoli di Wikipedia vengono citate le fonti.

Se ci fate caso, accanto alle parole spesso si trovano dei numeretti che rimandano sul fondo della pagina. Quelle sono le fonti e sono quelle che dovrebbero, almeno in teoria, garantirci l’affidabilità di ciò che leggiamo. Il mio suggerimento è quindi il seguente: controllate sempre che il passo abbia una fonte e se vi è possibile consultate direttamente quella fonte. In molti casi si tratta di articoli online: valutate voi se considerarli affidabili o meno.

Vi consiglio comunque di consultare, se vi è possibile, la versione inglese di Wikipedia, dove sono presenti moltissime voci in più e dove le fonti sono quasi sempre affidabili. Se cercate in basso, nella pagina dell’articolo, troverete tanti link diretti ai siti delle migliori università del mondo. Quelle sono le fonti migliori che possiate leggere, anche se purtroppo sono solo in inglese.

Come citare le fonti.

In una tesi di laurea o in una pubblicazione, le fonti vanno citate in un modo ben preciso, indicando l’autore, il titolo, la casa editrice, il luogo e l’anno di pubblicazione. Nel caso dei video (e degli articoli), io ho fatto la scelta di citare solo nome dell’autore e titolo dell’opera, indipendentemente dall’edizione usata. Entrambi i modi sono validi, ma se indicate le pagine dovete sempre specificare l’edizione a cui vi riferite, così che sia possibile rintracciare l’informazione.

Se la vostra fonte si trova online, è sufficiente copia-incollarne il link.

La differenza citare e copiare una fonte.

Prima di lasciarvi, mi ritaglio un momento per fare chiarezza su un punto. Citare una fonte non significa copiarla. Se prendete l’articolo di qualcuno e lo leggete in un video su YouTube, è buona norma perlomeno indicare la paternità del testo. Se non lo fate, si potrebbe pensare che il testo da voi letto sia di vostra mano. Perciò vi suggerisco, anche a titolo cautelativo, di chiarire se di questo si tratta.

In ogni caso, mi sento di dirvi che consultare una fonte serve soprattutto a capire e a rielaborare le informazioni con le vostre parole e dal vostro punto di vista. Quindi create un vostro testo, non riciclate quello di un’altra persona. Solo così il vostro lavoro sarà vostro per davvero.


Fonti: studi universitari, esperienze personali e confronto con altre persone del campo.

Supervisione articolo: Giacomo Di Francesco.

Ventinove anni e un nome insolito. Ho cominciato a scrivere storie poco più tardi di quando ho cominciato ad ascoltarle, prima da mia madre, poi da mia nonna, poi da chiunque ne avesse una da raccontare.

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