Com’erano fatte le città medievali
Oggi faremo un passo indietro nel mondo basso-medievale e immagineremo di camminare in uno dei luoghi più caratteristici di questo periodo: la città. Molti dei nostri capoluoghi, delle nostre province e dei nostri paesi hanno un’origine medievale; in certi casi si tratta di insediamenti precedenti, spesso romani, che tuttavia non avrebbero le caratteristiche che hanno oggi se non fossero passati attraverso quell’età «di mezzo» che fu il medioevo. Penso ad esempio a città come Siena, Firenze e Bologna, ma anche a borghi più piccoli e meno conosciuti, dove vi sarà capitato di passeggiare almeno una volta nella vita.
Come dovevano apparire questi luoghi in passato? Quali sarebbero state le atmosfere che vi avremmo respirato allora?
Morte e rinascita delle città.
Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente la città, che era stata il centro della vita e della politica antica, decadde. Per secoli i siti delle città vennero progressivamente depredati, abbandonati ed incendiati, finché le case si svuotarono e gli abitanti si spostarono a vivere nelle campagne.
Era l’inizio dell’Alto Medioevo, un periodo storico contrassegnato da invasioni, saccheggi ed epidemie, che ridussero ai minimi storici la popolazione europea. Uomini e donne si raccolsero a riparo nei pochi luoghi protetti o fortificati, come potevano esserlo le abbazie e, a partire dal IX secolo, i castelli, mentre tutto attorno si estendevano i boschi e la vegetazione riprendeva possesso degli spazi. Il commercio si conservò in modo assai modesto e le strade, alla mercé di nemici e razziatori, vennero in gran parte abbandonate.
Fu solo a partire dal XI secolo che la situazione cambiò: le guerre si diradarono, le incursioni barbariche si ridussero e nuove scoperte in campo tecnico e agricolo migliorarono il rapporto tra uomo e risorse, inaugurando una stagione di rinascita. La popolazione crebbe e si tornò a riscoprire le strade via terra così a lungo dimenticate. Anche i centri abitati subirono una crescita: i villaggi o i piccoli insediamenti, nati perlopiù attorno alle abbazie o attorno ai castelli, si ingrandirono e l’aumento della popolazione rese sempre più importante la creazione di nuovi spazi urbani. Stava nascendo la città medievale, simbolo della rinascita dell’Anno Mille.
L’origine delle città.
La maggior parte delle città medievali aveva al principio una struttura radiocentrica: da un luogo centrale di potere si espandeva a raggera verso le campagne circostanti. Quasi mai le strade erano perpendicolari, molto più facilmente queste seguivano la conformazione del territorio, ricalcando ad esempio il corso sinuoso dei fiumi o i sali-e-scendi delle colline. Si trattava di una struttura molto diversa da quella delle antiche città fondate dai Romani, che invece presentavano uno schema ortogonale, basato cioè sull’intersezione di strade orizzontali e verdicali, i famosi cardi e decumani.
Partendo da un nucleo iniziale, costituito in genere dal castello di un signore, da un’abbazia o da una piazza del mercato, le abitazioni medievali andarono accumulandosi tutt’intorno e, dal momento che per ragioni difensive abbazie e castelli sorgevano perlopiù a ridosso di alture, le città assunsero una forma ad avvolgimento. La necessità poi di difendersi erigendo fortificazioni e mura, portò gli abitanti ad occupare tutti gli spazi disponibili all’interno: ne derivarono strade strette e case accalcate in modo oggi diremmo “pittoresco”. Ogni lotto era diverso dagli altri e questa diversità urbanistica rispecchiava alla perfezione la società medievale, estremamente gerarchica e per nulla egualitaria.
Le mura medievali.
Uno degli aspetti più caratteristici delle città medievali furono le mura. Noi oggi immaginiamo i nostri centri cittadini come spazi di vita aperti al mondo, dove chiunque è libero di entrare e uscire. Nel medioevo non era così. Le città di quel tempo assomigliavano più a delle grosse case, circondate da mura che segnavano una profonda divisione tra chi era dentro e chi era fuori, tra chi poteva dunque entrare e chi doveva restare all’esterno. Come delle case, le città avevano anche delle porte: che venivano aperte e chiuse, così come noi oggi apriamo e chiudiamo le porte delle nostre case. Le porte si aprivano all’alba e chiudevano al tramonto, lasciando fuori un mondo oscuro e minaccioso, dimora di mostri, banditi e pericoli sconosciuti.
Anche durante il giorno le porte servivano a “selezionare” chi entrava in città, perché fungevano da controllo del flusso di mercanti, viaggiatori e pellegrini provenienti dall’esterno.
Oltre ad offrire una protezione reale poi, le porte e le mura offrivano una protezione simbolica, dal momento che la città, luogo protetto e ordinato, era in qualche modo il simbolo della cristianità, il luogo di chi seguiva in modo giusto i precetti della fede e che era per questo accolto e protetto da Dio. Così chi ne rimaneva fuori diventava automaticamente un outcast, un “senza terra” o un vagabondo: qualcuno che, non trovando dimora fissa nel mondo, nell’idea medievale, non aveva posto neanche nella società.
Le mura rappresentavano insomma una forma di divisione sociale oltre che geografica.
Ogni città poteva avere più di una cinta muraria. Nel Basso medioevo capitava spesso che, terminato lo spazio all’interno, si cominciasse a costruire fuori, a ridosso delle porte. Tuttavia solo quando la sezione “esterna” della città diventava molto grande si provvedeva ad includerla, e lo si poteva fare in due modi: aggiungendo una cinta muraria oppure abbattendo quella precedente per costruirne una nuova, come accadde a Siena nel 1256.
I custodi delle città.
A proteggere gli abitanti della città dai pericoli di fuori non bastavano le mura: serviva anche un aiuto supremo, che poteva di volta in volta essere offerto da Dio, dalla Vergine o dai santi protettori delle porte, come San Pietro, custode del paradiso, o San Cristoforo.
Nel medioevo era credenza comune che San Cristoforo proteggesse dalla mala sorte, ovvero dalla morte improvvisa: una sciagura atroce per un uomo di quel tempo, secondo cui morire senza previa confessione voleva dire finire dritti all’inferno. Tuttavia per estensione a Cristoforo si associò la protezione di tutti i viaggiatori. La leggenda voleva infatti che quest’uomo avesse, senza saperlo, caricato sulle proprie spalle Gesù bambino e lo avesse traghettato attraverso un grande fiume. Così le sue effigi comparvero in grandi dimensioni sulle porte di tutte le città: dovevano essere illuminate e visibili sin da molto lontano.
Le strade medievali.
In città chiuse, tra case piccole e addossate, le strade medievali dovevano apparire strette e tortuose, non sempre lastricate e spesso attraversate da scale che rendevano difficile la circolazione dei carri. Tutto nel medioevo si svolgeva all’aperto: la vita delle persone era lungo queste strade, dove gli artigiani esponevano le loro mercanzie e dove si svolgevano tutte le compravendite. Immaginiamo quindi luoghi rumorosi e caotici, con voci di persone e voci di bambini, con animali che razzolavano.
Oggi le nostre strade sono rumore per il traffico, ma perlopiù le percorriamo per spostarci in luoghi chiusi, dove si svolge gran parte della nostra esistenza: casa, lavoro, centri di svago. Nel medioevo si passava in casa pochissimo tempo: la casa serviva quasi solo per dormire. Qualsiasi altra attività si svolgeva fuori. Anche per parlare con qualcuno bisognava uscire, così camminando per una strada medievale avremmo trovato donne sedute sulle porte o su piccoli loggioni esterni che fungevano da panchine: si chiacchierava del più e del meno, spesso ricamando o cucendo, e ci si scambiava notizie. Tutte le funzioni che oggi sono svolte da televisioni, radio e social, nel medioevo competevano alle “chiacchiere per strada”.
Il luogo per eccellenza della cronaca cittadina era la fontana: ogni città ne aveva diverse, che servivano in genere un quartiere e una strada e che sopperivano alla mancanza di acqua corrente nelle case. Erano le donne che uscivano a prendere l’acqua con conche di rame; acqua con cui si svolgevano numerosi utilizzi – bere, cucinare, lavarsi e lavare oggetti – e che, per forza di cose, doveva essere usata con parsimonia. Mentre le conche si riempivano, le donne parlavano e così le notizie viaggiavano da un quartiere all’altro e con l’acqua rientravano in casa. Era del resto un tempo in cui non esistevano giornali e non c’era altro modo di conoscere gli eventi se non attraverso il passaparola.
Camminare su una strada medievale era senz’altro poco agevole: il fondo stradale spesso era sterrato e questo rendeva difficile spostarsi con la pioggia, che trasformava la terra in fango e il fango in fiumi. Non esistevano peraltro neanche gli ombrelli, che sarebbero comparsi solo dopo il Cinquecento, e ci si riparava dalla pioggia con mantelli o sfruttando le sporgenze dei tetti. Molto spesso la strettezza e la tortuosità delle strade cittadine era utile anche a questo: a frenare gli agenti atmosferici avversi, come il vento, la pioggia a vento e il sole a picco.
Non esisteva la nettezza urbana, per cui capitava di frequente che le strade fossero sporche. Di solito ognuno badava a tener pulito lo spiazzo davanti casa e l’abitudine di gettare dalla finestra i bisogni notturni non faceva che peggiorare le cose. Tra le strade inoltre razzolavano animali di ogni genere: maiali, oche, galline, ma anche cavalli e soprattutto muli. Nel medioevo le carrozze non erano molto diffuse, ma dove possibile lo erano i carri, trainati da asini o da muli.
Maiali e galline fungevano da spazzini. Nella Siena del 1296 il comune organizzò un appalto per la pulizia delle strade: al vincitore sarebbe andato il diritto di raccogliere tutta la spazzatura, il letame e le granaglie di piazza del Campo e la possibilità di allevare nella piazza stessa “una scrofa e quattro maialetti” che tenessero pulito ciò che l’uomo non riusciva a pulire. Questa storia ci racconta non solo che nulla a quel tempo andava sprecato, e che esisteva già l’economia circolare di cui oggi si parla tanto, ma anche che i maiali erano ottimi spazzini. In alcune città esistevano persino i “porci di Sant’Antonio”, che erano liberi di circolare dove volevano, e dei maiali che grufolano in giro ci dà notizia anche Boccaccio, quando racconta la peste di Firenze del 1348.
I quartieri e le piazze medievali.
Nella città del Basso medioevo gli spazi non erano mai “egualitari”, come non era “egualitaria” la gerarchia sociale. Ogni quartiere era “specializzato” in qualcosa, perché a seconda del mestiere, della provenienza, o addirittura della fede professata le persone tendevano a raccogliersi per gruppi. L’esempio più eclatante è il ghetto, che esprime una separazione etnica, prima ancora che religiosa. Nel ghetto abitavano gli ebrei, originariamente senza costrizione: la costrizione sarebbe arrivata dopo, nel Quattrocento, quando a Torino si ebbe il primo ghetto chiuso, con tanto di mura e porte, che venivano aperte e chiuse al mattino e alla sera.
Esistevano però altre forme di “separazione”: c’erano quartieri dove vivevano solo i forestieri, o i mercanti, accomunati dalla necessità di andare e venire; oppure quartieri specializzati un particolare mestiere: lavorare nello stesso ambito e farlo in uno stesso luogo della città era utile come sostegno vicendevole, ma creava anche un meccanismo di concorrenza utile alla vendita. I nomi delle strade nelle città medievali testimoniano ancora questa “ripartizione”: via “degli Orefici”, via “dei Funari”, via “dei Calderari” ad esempio.
Anche le piazze medievali esprimevano una divisione sociale e di ruolo. Nel medioevo infatti esistevano tre tipi di piazze distinte: religiosa, politica ed economica.
La piazza religiosa era quella affacciata sulla cattedrale. Presentava di solito una grandezza modesta ed edifici bassi, sui quali spiccava in tutta la sua altezza e maestosità la chiesa. Difficilmente le strade principali portavano nella piazza religiosa, ma le scorrevano affianco, con un accesso non sempre facile. Qui si svolgevano i grandi riti collettivi, come i misteri, le sacre rappresentazioni, le processioni. Si trattava di una piazza chiusa, spesso affiancata da piazze attigue secondarie; non era mai una struttura aperta come potrebbe esserlo oggi piazza del Duomo a Milano.
La piazza politica aveva dimensioni più vaste e il più delle volte si trovava nel cuore nella città, dove dominava il palazzo pubblico. Qui si svolgevano le adunanze dei cittadini e il traffico non vi arrivava mai in modo diretto né la attraversava, perché la piazza civile, come quella religiosa, conservava comunque una struttura chiusa.
La piazza economica era la piazza del mercato, spesso connessa con quella politica, con cui talvolta, nei piccoli centri, finiva per identificarsi. Le grandi città possedevano più piazze economiche, ognuna delle quali era specializzata nella vendita di un prodotto: c’erano le piazze del bestiame, i mercati del pesce, i mercati della frutta, degli ortaggi, e a seconda del “tipo” di mercato queste piazze potevano presentare strutture stabili come fontane per lavare la verdura, banchi di marmo per la vendita di carne e pesce, logge e mercati coperti.
L’illuminazione medievale.
Per concludere sfatiamo un mito. Diversamente dall’immagine che molti film ci propongono, le città medievali di notte non erano illuminate. Non esisteva la luce elettrica e nessuno si preoccupava di rischiarare spazi che per ore restavano deserti. Nel medioevo la vita notturna praticamente non c’era: la notte si dormiva e andare in giro era rischioso, perché il buio era molto fitto. A cosa sarebbe servito del resto illuminare le città di notte? Con le porte chiuse, almeno in teoria tutti i pericoli restavano fuori. Le sole flebili luci che avremmo incontrato sarebbero state le fiammelle dinanzi alle immagini sacre: segno della presenza e della protezione divina che restavano accese notte e giorno come a vegliare sulla città.
Fonti:
C. Frugoni, A. Frugoni, Storia di un giorno in una città medievale.
https://www.treccani.it/enciclopedia/piazza_%28Enciclopedia-Italiana%29/
https://it.wikipedia.org/wiki/Alto_Medioevo#Societ%C3%A0_ed_economia_europea_tra_VI_e_VIII_secolo https://it.wikipedia.org/wiki/Urbanistica_romana