Ritualità

Il Rito dei Serpari di Cocullo: bambini che giocano con i serpenti?

La scorsa notte ho fatto un sogno. Un sogno molto vivido. Vedevo decine di bambini correre felici nella piazza vuota di un paesino. Li guardavo da lontano e sembrava avessero qualcosa fra le mani. Lentamente mi avvicino a loro incuriosito e anche un po’ impaurito, ma non capivo bene il perché. Passo dopo passo l’oggetto, che prima non riuscivo a decifrare, prendeva sempre più forma e colore. E soprattutto vedevo il movimento: ebbene sì, i bambini avevano in mano cose che si muovevano… nere e color marrone. Ci misi poco a capire, arrivato ad una distanza di meno un metro, che si trattavano di serpenti. 



Sì, bambini di sei, otto e dieci anni che portavano in giro serpenti vivi. Il cervello va in corto circuito: “Aiuto, i bambini si fanno male, devo fare qualcosa, devono essere aiutati! Devo portare via i serpenti!”. Quindi mi sforzo con tutto me stesso cerco di combattere la paura ancestrale e di scatto tendo la mano volta ad afferrare la serpe. Tocco la pelle ruvida e tiepida, e… puff. Mi sveglio. Ore 6:28, sono nel mio letto. Alba. Il mio cervello rielabora il sogno. Dopo un minuto capisco tutto: il 1° maggio è la festa di san Domenico a Cocullo. Il mio ES me lo stava “solo” ricordando. 



Il Rito dei Serpari in occasione della festa di san Domenico è una festività unica nel panorama italiano e originalissima a livello mondiale. Si svolge ogni anno il primo giorno di maggio nel cuore dell’Abruzzo, in un paesino di montagna, Cocullo, nel pieno della zona della Marsica ricca di boschi, foreste e fauna selvaggia. 

San Domenico fu un monaco benedettino che passò la sua intera vita portando avanti l’opera di predicazione ed evangelizzazione cristiana, a partire dalla fine dell’anno 900 in poi, attraverso quattro regioni centrali d’Italia (Umbria, Abruzzo, Lazio, Molise), operando prevalentemente in Abruzzo e guadagnandosi la fama di “guaritore” poiché rendeva innocuo il veleno dei serpenti e curava dai morsi di questi “liberando” la zona dal pericolo dell’animale (caro a Lucifero) e rendendolo innocuo. 



Di lì in poi nei vari secoli successivi alla sua morte, il ricordo di san Domenico si è tramutato in un vero e proprio culto dove sostenitori affiatati (che oggi definiremmo fan o follower) hanno iniziato a catturare le serpi presenti nella zona per offrirle al santo il giorno della festa. Da quel momento in poi questi “sostenitori” si chiameranno serpari, ovvero portatori di serpenti. Da qui quindi spiegato il titolo “il Rito dei Serpari”: un rito che si ripete da ben novecentottantanove anni… circa. Anno più, anno meno.

I serpari catturano i serpenti, che sono delle bisce in verità. Quindi niente vipere, cobra o altre varietà velenose. Nulla di tutto ciò. Solo tre varietà nostrane di bisce: cervoni, biacchi e saettoni (detti anche “lattarine”, per la loro propensione a “succhiare” letteralmente il latte dalle mammelle delle vacche al pascolo), noti per essere dei bei serpentelli lunghi lunghi.



I serpari dopo aver catturato i serpentelli li tengono in casa per alcuni giorni e quindi vivono assieme a loro, con la loro famiglia. E solo nel giorno della festa di san Domenico partecipano alla processione e alla “vestizione” della statua del santo, in cui tutte le serpi catturate vengono poste sulla statua del santo e quindi vanno ad ornarlo a mo’ di mantello e copricapo alla moda.

L’immagine che si viene a creare è unica. Uno scontro millenario… che è anche incontro. La fede cristiana che viene a patti con uno dei simboli, se non IL simbolo, del male per eccellenza come ce lo hanno sempre raccontato.



Parlo di incontro anche perché il Rito dei Serpari vuole essere soprattutto questo. L’uomo che incontra il santo attraverso un mediatore, un portavoce, un amico singolare, in inglese si direbbe vessel, un collegamento che fa dei due poli una sola congiunzione, ricca di energia

Eh sì, perché questo incontro è potente. La fede cristiana che si nutre del paganesimo e il rito pagano che sfrutta un simbolo cristiano. È un infinito, è un loop. Definire dove finisce l’uno e inizia l’altro ormai è impossibile. Si può solo ammirare quanto questa festa sia antropologicamente di forte impatto per le masse, che richiama ogni anno migliaia e migliaia di civili, fedeli, laici, religiosi o semplici curiosi, da ogni parte d’Italia e del mondo.

Questa folla immensa che ogni anno assiste alla meraviglia di osservare un evento che non ha mai visto prima, così forte e viscerale, e se lo gusta con la meraviglia unica e lo stupore che solo i bambini hanno.



E già, proprio i bambini. Torniamo ai bambini. I bambini che giocano con i serpenti. Il primo di ogni maggio se ne vedono molti giocare con le bisce, venire ornati al collo dai rettili, si fanno le foto assieme e li ammirano. I bambini giocano col simbolo che per secoli è stato per definizione associato al male. Un’altra immagine potente.

La purezza e la malvagità. Estremi. E poi altro infinito e altro loop. Il rito di Cocullo è così.

Pieno di strati, potresti informarti per ore. Perché la sua vicenda secolare affonda le origini nel pieno medioevo e ancora prima, in un periodo pre-cristiano dove l’Italia era pervasa dai riti pagani.



Si pensa che uno dei riti antesignani dei serpari di Cocullo sia la venerazione della dea Angizia nei pressi di Luco dei Marsi (sempre nella zona della Marsica), ovviamente un culto egizio dove si adorava la statua di una dea dalla testa di serpente e il corpo di donna

Quello che mi piace di tutta la storia di Cocullo e del suo rito, quello che mi spinge ormai da tre anni ad andare lì e toccare con mano la veridicità di quelle serpi è la capacità di andare oltre. Del non fermarsi alle apparenze. È un rito forte e genuino, che ci spinge sia ad avvicinarci e a guardare da vicino la meraviglia della natura e sia a buttare un occhio lontano a quel che vi è dietro. A cercare e ad approfondire le cose nel loro valore storico, umano e anche religioso.



I SERPENTI DI COCULLO CI SPINGONO a vederci “pari”, a riconoscere l’aspetto più ancestrale che vi è dentro di noi, che non deve per forza essere categorizzato come buono o cattivo. Ma andrebbe solo conosciuto e appreso, cosa che i bambini riescono a fare con poca difficoltà e soprattutto senza giudizio

Cinefilo dalla tenera età, sono sempre alla ricerca delle storie giuste, tra diversi concetti di scrittura: cinema, teatro, serie, racconto dal vivo. Curioso da morire, perdo il 90% del mio tempo in cose futili (ma strane e interessanti).

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