La vera storia de La Bella e la Bestia: una fiaba censurata?
Devo ammettere che, se non me l’avreste proposta voi, non mi sarebbe venuto in mente di parlare proprio de La Bella e la Bestia. Soprattutto non mi aspettavo che questa fiaba, al pari di Cenerentola, fosse una delle più conosciute e diffuse al mondo, tanto che, al di là delle diverse varianti, il suo archetipo centrale è presente in più di 190 fiabe. Per questo, rintracciare un’unica “vera storia” non è stato semplice.
Le sue origini più remote possono infatti essere rintracciate nella favola di Amore e Psiche, contenuta ne Le metamorfosi di Apuleio, dove troviamo il tema della fanciulla obbligata a sposare uno sconosciuto in un castello incantato. Lo sconosciuto non è in questo una bestia, ma lei, costretta ad incontrarlo solo di notte, finisce per crederlo tale.
Fiabe Cinque-Seicentesche raccontano storie analoghe, con fanciulle bellissime destinate a sposare uomini mostruosi, come orribili o con fattezze animalesche. È tuttavia nella Francia del 1740 che per la prima volta vede la luce una novella dal titolo La Bella e la Bestia (La belle et la bête in Le jeune américaine et le contes marins) scritta da Madame Gabrielle-Suzanne de Villeneuve.
Questo testo, pensato come intrattenimento galante, non era dedicato ai bambini. Tuttavia, qualche anno dopo, una seconda scrittrice, Jeanne-Marie de Beaumont, che lavorava come insegnante, lo rielaborò, lo abbreviò e lo pubblicò in forma di fiaba, epurandolo di tutti gli elementi più scabrosi ed adulti. Più educativa ed edulcorata, questa seconda versione divenne quella canonica e con ogni probabilità quella a cui la Disney si è ispirata.
Qui infatti sono poche le differenze con il cartone: Belle, che è chiamata semplicemente “Bella”, è l’ultima figlia di un ricco mercante. Ha tutte le doti positive del caso, mentre le sue sorelle, al pari delle sorellastre di Cenerentola, sono cattive ed invidiose, ragion per cui al termine della storia vengono punite e trasformate in statue. Essendo però già questa una rielaborazione di un testo precedente, la metteremo da parte e approfondiremo invece la prima vera versione de “La Bella e la Bestia”: quella di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve.
La Bella e la Bestia di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve.
Viveva un tempo in un paese lontano un ricco mercante con dodici figli, l’ultima dei quali era una fanciulla dal cuore umile e gentile, così buona e così bella che tutti la chiamavano semplicemente la Bella. Le cinque sorelle più grandi erano invidiose e arroganti nei suoi confronti, perse com’erano dietro i bei vestiti, i gioielli e le avventure galanti che la loro ricca condizione permetteva.
Ma un giorno, per sciagura, la casa del ricco mercante andò a fuoco e in breve tempo tutte le sue fortune si dissolsero: ridotti alla povertà, l’uomo e i suoi figli dovettero trasferirsi in campagna. L’unica ad accontentarsi di quella nuova vita fu la Bella, mentre le sue sorelle non facevano che rimpiangere la ricchezza perduta e gli spasimanti di un tempo, che d’un tratto non volevano più saperne di loro.
Passarono due anni e le speranze del vecchio mercante si accesero quando si seppe che una delle sue navi, a lungo creduta persa, fosse giunta in porto con il carico ancora intatto. Deciso a recuperarlo, l’uomo partì e le sue figlie più grandi lo caricarono di richieste costose, domandando che portasse loro in dono abiti o gioielli o parrucche. La Bella, che voleva soltanto che il padre tornasse sano e salvo, si accontentò di chiedere una semplice rosa.
Il padre partì. Ma i vantaggi che aveva sperato si dimostrano subito vani e a mani vuote fu costretto a far ritorno a casa nella più dura delle stagioni: sorpreso dalla neve sulla strada che attraversava la foresta, si ritrovò a cercare riparo nel tronco cavo di un albero e a trascorrervi la notte. Quando al mattino si svegliò, vide che nella neve era comparso uno splendido castello. Affamato, infreddolito e stanco, l’uomo vi s’introdusse e qui scoprì tavoli imbanditi di ogni prelibatezza, camini accesi e letti morbidi. La grande reggia era colma di ogni magnificenza e tutto sembrava comparire quasi per magia; non v’era però nessuno oltre lui.
Il mercante si trattenne per qualche notte e, finalmente ristorato, decise di far ritorno a casa.
Il viale passava attraverso una siepe di rose profumate e bellissime, le più belle che avesse mai veduto e l’uomo, ricordandosi della promessa che aveva fatto alla Bella, fece per raccoglierne una, quando un gran rumore scosse la dimora e lì davanti comparve un’orrenda Bestia.
«Chi ti ha dato la libertà di cogliere le mie rose? Non ti bastava essere accolto con tanta bontà del mio palazzo?»
L’uomo ne fu terrorizzato e cercò di scusarsi, ma la Bestia non volle sentire ragioni. C’era una sola cosa che poteva fare per avere salva la vita: offrirgli in cambio una delle sue figlie e il pover’uomo fu costretto ad accettare.
Tornò a casa con la rosa e nel consegnarla alla Bella, raccontò la sua triste vicenda e lei, sentendosi colpevole, accettò di consegnarsi al proprio destino. Si recarono allora al castello e la visione della Bestia, squamata ed enorme, la spaventò a morte ma lei tenne fede alla promessa: sarebbe stata sua ospite, o sua prigioniera, purché il padre fosse risparmiato.
Quella notte, vinta dalla stanchezza, la Bella sognò di un giovane bellissimo che le sussurrava parole d’amore. «Non credere di essere così infelice come sembri» le disse. «Questo è il luogo dove riceverai la ricompensa che ti è stata ovunque negata. Ma per farlo, agisci con intelligenza. Non dar retta agli occhi e liberami dalle apparenze di cui sono mascherato.»
Nel sogno la Bella vide anche una magnifica Dama, che le disse: «Una sorte più illustre ti aspetta, ma se la vuoi meritare, non lasciarti sedurre dalle apparenze.»
Lei tuttavia non ne comprese il senso. Al mattino si ritrovò da sola nella maestosa dimora. In una stanza piena di specchi, trovò un braccialetto con un ritratto familiare, che le ricordò lo Sconosciuto del sogno. Non sapeva chi fosse e credette fosse prigioniero nel castello, ma a sera, quando la Bestia fu di nuovo da lei, la Bella non ebbe il coraggio di chiedere di più.
Benché un po’ rozzo, il mostro si dimostrò gentile: le domandò come si trovasse e poi senza perifrasi aggiunse se volesse farlo dormire con lei. La Bella si rifiutò e la Bestia se ne andò sinceramente rattristata, per tornare la sera successiva e quella successiva ancora e così per giorni, ponendole sempre quella stessa, burbera domanda: «Volete venire a letto con me?»
Ogni sera la Bella rifiutava e addormentandosi sognava lo Sconosciuto e la magnifica Dama, che continuavano a dirle «diffida delle apparenze, non lasciarti ingannare da ciò che vedi». Ma al mattino nulla cambiava. Nonostante le meraviglie del castello, la Bella restava prigioniera e, ormai innamorata dello Sconosciuto, era sempre più timorosa che la Bestia si stesse innamorando di lei, col rischio che potesse farle una qualche violenza, se lei avesse rifiutato a lungo la sua richiesta.
Poi un giorno, stanca dei piaceri di quel luogo, la Bella chiese alla Bestia di tornare a casa per qualche tempo. Il mostro ne fu addolorato, ma non riuscì a negarle nulla. Le disse solo che ne sarebbe morto, se lei non fosse rientrata entro due mesi. Le consegnò un anello magico che l’avrebbe riportata al castello e la lasciò libera di andare.
La Bella fu accolta con grande affetto nella casa del padre e, quando raccontò dei giorni nel castello e questi seppe che, sotto le sembianze orribili, la Bestia nascondeva un animo buono, si sentì consigliare di non rifiutarlo più: «È meglio un marito con un buon carattere» le disse, «che di bell’aspetto. Quante ragazze devono sposare Bestie ricche, ma assai più bestie della Bestia?»
Così la Bella iniziò a pensare alla Bestia sotto una nuova luce. In fin dei conti trovava la sua presenza sempre più gradevole, se non altro perché gli era riconoscente. Non fosse stato per lo Sconosciuto che continuava ad incontrare in sogno ogni notte, avrebbe forse potuto anche amarlo.
Ma i giorni passavano e tutti le chiedevano di trattenersi di più e, allo scadere dei due mesi, la Bella ebbe in sogno una visione terribile: la Bestia morente in attesa del suo ritorno.
Si decise allora a ruotare l’anello e si ritrovò nel palazzo incantato. Attese la Besta per quasi un giorno e quando uscì per cercarla la trovò in fin di vita. Lei disperata confessò allora di amarla. «La paura di perdervi» disse, «mi ha fatto capire che sono legata a voi da vincoli più profondi della riconoscenza.»
Furono queste parole a risvegliare il mostro. Si rividero la sera successiva e questa volta quando la Bestia, come al solito, le chiese se volesse andare a letto con lei, la Bella, esitando, rispose finalmente di sì. Al pronunciare queste parole, luci e razzi esplosero nel cielo, come ad annunciare il festeggiamento di un matrimonio regale. Poi i due si ritirarono e quella notte, per l’ultima volta, la Bella sognò lo Sconosciuto e la Dama.
Al mattino, nel letto accanto a lei non trovò la Bestia, ma un bellissimo principe addormentato: lo stesso che per tante notti aveva visto in sogno.
Le parti tagliate.
Vi stupirà sapere che la novella originale de “La Bella e la Bestia” non finisce qui: al momento della trasformazione, la storia è solo a metà. Prima di procedere però vorrei commentarne con voi qualche punto interessante: ci sono, in questa prima versione, elementi piuttosto adulti, che chiaramente hanno avuto vita breve. Appena sedici anni dopo la pubblicazione di Madame de Villeneuve, nel 1756, Jeanne-Marie de Beaumont riscrisse la fiaba sostituendo quel “volete venire a letto con me” con “volete sposarmi?”: la riduzione era infatti destinata non più ad un pubblico adulto, ma infantile.
Nella versione della Villeneuve, la Bella ha cinque sorelle e sei fratelli, che diventano tre sorelle nella versione della Beaumont. Cambiano anche le caratteristiche del castello: nella versione della Villeneuve, la Bella ha uno stuolo di servitori-animali, che vengono eliminati dalla Beaumont. Altre differenze stanno negli oggetti magici: la seconda versione introduce uno specchio magico, recuperato nel film della Disney, con il quale la Bella può osservare il padre da lontano: scopre così, ad un certo punto, che lui è malato e per questo decide di tornare a cercarlo, mentre nella versione originale la Bella si allontana dal palazzo della Bestia solo perché stufa degli agi e perché banalmente sente la nostalgia di casa.
L’altra grande differenza tra le due versioni è nella trasformazione della Bestia, che nella prima non conclude la storia e si presenta assai meno scenografica di quella che conosciamo: la trasformazione infatti non viene descritta. Si dice solo che dopo la notte nello stesso letto – durante la quale in realtà sembra non accadere nulla – al mattino al posto della Bestia c’è un principe.
L’elemento spettacolare, che verrà poi ripreso dalla Disney, è introdotto nella seconda versione: la Beaumont anticipa la trasformazione al momento in cui la Bella dichiara il suo amore alla Bestia morente, così al suo posto compare subito un bellissimo giovane. Sempre in questa seconda versione, vengono meno tutti i sogni della Bella e scompaiono la figura della magnifica Dama e dello Sconosciuto. Si dice soltanto che la Bestia è stata trasformata dall’incantesimo di una strega, che sarà poi la Disney a rielaborare a proprio piacimento.
In realtà, nella versione originale della storia, come vi dicevo, la vicenda non si conclude con la trasformazione della Bestia: nelle circa cinquanta pagine successive, ogni segreto viene svelato dalla Bestia e dalla Dama, così che la vicenda possa concludersi col tanto atteso “vissero felici e contenti”.
La verità sulla Bestia e il racconto della Dama.
Avrete capito da soli che lo Sconosciuto comparso più volte nei sogni della Bella sia in realtà la Bestia nelle sue fattezze originarie. Ma cosa lo ha portato a diventare un’orribile Bestia?
Tutto ha inizio con la morte del re, padre della Bestia-principe. La regina, rimasta sola, ha dovuto occuparsi di combattere i nemici del regno, lasciando così la custodia e la protezione del principino ad una fedele fata. La vicenda si sposta in un magico pseudo-medioevo fiabesco, in cui re e regine sono consigliati da fate volubili, a tratti buone, a tratti malvagie, che risiedono negli strati più alti del cielo e qui hanno un loro consiglio di fate anziane, capaci di trasformarsi in serpenti e di vivere per migliaia di anni.
La fata in questione, divenuta balia del principe-Bestia, è vecchissima, bruttissima e laida, ma si nasconde, almeno una volta l’anno, sotto l’aspetto di una giovane e quando il principe diventa grande se ne invaghisce: vuole sposarlo a tutti i costi, nonostante lui e la regina sua madre, tornata dalla guerra, non siano affatto d’accordo. Allora arrabbiata per il rifiuto, la fata getta una terribile maledizione sul principe e lo trasforma in un’orrenda Bestia.
Per cui, niente rosa e niente principe ottuso e avaro: prima di diventare una Bestia, il principe è semplicemente una vittima innocente delle avances imbarazzanti di una finta fata giovane. I termini stessi della maledizione sono piuttosto diversi da quelli che conosciamo: innanzitutto la trasformazione avviene con una semplice botta in testa, così forte che fa cadere il principe a faccia a terra; quanto al resto, è così che viene presentato attraverso le parole della fata:
«Ti ordino di sembrare stupido quanto sei brutto e di aspettare in questo stato […] che una fanciulla bella e giovane venga volontariamente a trovarti, per quanto sia persuasa di dover essere divorata da te. E bisognerà anche […] che dopo avere smesso di temere per la sua vita, questa fanciulla abbia per te un così tenero affetto da proporti di sposarla».
Come clausola, viene intimato alla regina e a tutta la corte, che, se riveleranno a qualcuno che sotto il mostro si cela un principe, l’incantesimo non potrà essere sciolto.
Sembra una maledizione senza uscita, ma ad aiutare il principe, ormai tramutato in Bestia, giunge una seconda fata, la stessa che la Bella vede in sogno in forma di Dama. È lei a studiare lo stratagemma definitivo, che si articola in una serie di punti intricati degni davvero di una telenovela.
Tanto per cominciare, la fata-Dama ordina che tutta la corte e tutta la servitù vengano trasformate in statue fino al giorno in cui la maledizione verrà infranta. Più volte nella storia ci viene infatti detto che il palazzo era pieno di statue, che sono in qualche modo gli antesignani di Lumière e Tockins.
Poi: dal momento che la regina vuole categoricamente che suo figlio sposi una nobile, la fata si mette alla ricerca di una fanciulla di nobili natali che faccia al caso loro. Così alla vicenda della Bestia s’intreccia quella dell’Isola Felice, un luogo incantato e non meglio precisato, dove la sorella della fata-Dama, ha sposato un re e dato alla luce una bambina.
Ma proprio a causa della stessa laida e vecchissima fata, responsabile della metamorfosi del principe, questa terza fata, sorella della fata-Dama, è stata esiliata dall’Isola Felice e reclusa per aver sposato un mortale. Così la fata-Dama ha più di una ragione per annientare la fata laida e fa in modo che la bambina, sua nipote, venga allontanata dall’Isola e trascorra l’infanzia sotto mentite spoglie. Dove? Naturalmente nella casa di un ricco mercante con sei figli e sei figlie, dove crescerà e diventerà grande, così bella e gentile che tutti la chiameranno semplicemente “la Bella”.
Tutti i nodi vengono allora al pettine: la fata-Dama, aiutando il principe, guida la Bella nella reggia, attraverso una serie di escamotage, l’ultimo dei quali è la rosa che il ricco mercante cerca di cogliere. La Bella entra così a palazzo di propria iniziativa, pur sapendo che verrà divorata, e qui incontra la Bestia, brutta e stupida, che ogni sera le chiede in modo volgare di giacere con lei. Lo Sconosciuto e la magnifica Dama compaiono ogni notte nei suoi sogni, senza rivelarle però la verità, così che, ritrovando la Bestia morente, sia lei a dichiarare il proprio amore e ad accettare di sposarlo.
Al termine di tutta la storia, quindi, diventa chiaro che grazie alla fata-Dama, aiutante dei protagonisti, ogni tassello è andato al proprio posto. Hanno inoltre avuto luogo due rivelazioni, entrambe scomparse nelle rielaborazioni successive: l’innocenza della Bestia, le cui burbere maniere sono solo il frutto del divieto di rivelarsi piacevole, pena l’irreversibilità della sua condizione, e l’agnizione della Bella, che, secondo un topos diffusissimo nelle storie popolari, dall’Antichità ad oggi, non è la semplice figlia di un mercante, ma una principessa. Così, la Bella e la Bestia possono vivere per sempre felici e contenti.
Fonti:
AA. VV., La Bella e la Bestia. Quindici metamorfosi di una fiaba.
https://digilander.libero.it/il_collodi/collodi_i_racconti_delle_fate.html#fiabaXV
http://www.paroledautore.net/fiabe/classiche/beaumont/bellaebestia.htm
https://it.wikipedia.org/wiki/Petrus_Gonsalvus