Cucina

La “Scrucchijata” d’uva: la ricetta della nonna

Se avete fatto le cancellate e state cercando la ricetta della tradizionale «scrucchijata» d’uva, la oggi nonna vi porta in un posto magico: sotto la capanna.

La capanna in Abruzzo non è quella con due cuori e una coppia di innamorati. «Sotto» la capanna ci si va per raccogliere l’uva. Attrezzatura essenziale: una «cascetta». O rossa o gialla. Ma va bene pure una vecchia camicia da «abberrutare» a mo’ di sacco.

I grappoli migliori li sceglie lo zio, perchélo zio se ne intende. Per fare la scrucchijata ci vuole l’uva Montepulciano, la stessa con cui si produce il famoso vino doc abruzzese. Oggi la nonna ne prepara in grandi quantità: la scrucchijata si tiene in serbo per Natale, quando servirà per riempire i «cavicioni». 

Ingredienti: uva.

Quantità: due cassette. 

Zucchero? No, grazie: la vera scrucchijata non contiene dolcificanti artificiali.

Si comincia con lavare i grappoli e spicciolare l’uva, chicco dopo chicco. Per fare la scrucchijata ci vuole quasi una giornata intera. Le arti di una volta richiedono molto tempo…

I chicchi spicciolati vanno lavati almeno tre volte, e solo quando l’uva è pulita, accendete il fuoco. Per farlo partire, secondo la nonna, ci vogliono due canne spaccate (boh!).

L’uva si cuoce nel «callare» di rame ma prima che questo avvenga è indispensabile pestarla per far uscire tutto il succo. La parte acquosa in questo modo impedirà all’uva di attaccarsi durante la cottura.

Fatta questa operazione, lasciate cuocere per almeno un paio d’ore.

Al termine del primo round, dopo aver fatto stiepidire per qualche momento, avrete bisogno di questo oggetto, che in lingua madre si chiama «cruellucce» ed è stato inventato esclusivamente per questa operazione. L’uva cotta viene fatta colare all’interno, e poi la nonna con forza bruta comincia a schiacciarla.

Il guanto non fa parte della tradizione, ma è utile se non volete che le vostre mani diventino dello stesso colore dell’uva. La nonna è tradizionale, ma anche moderna.

Pestate fino a quando non rimangono solo le bucce e i semi. Pulite allora l’interno della griglia, e procedete con il prossimo carico. Ci vogliono dalle due alle tre ore per passare tutta la scrucchijata.

A questo punto, si procede con la seconda cottura. Niente pentola di rame: senza liquido, la confettura tenderebbe ad attaccarsi e a bruciacchiarsi. Lasciate cuocere così per oltre due ore. Non esiste un tempo standard, la nonna suggerisce di osservare la schiumetta viola che si forma in superficie. La scrucchijata è pronta quando tutta la schiuma è stata assorbita. Fate inoltre attenzione all’odore: è indice di cottura avvenuta.

Adesso procuratevi un canestro, ricopritelo con una vecchia giacca a vento. Fate colare la scrucchijata nei barattoli, stando bene attenti a riempirli fino all’orlo. Poi chiudeteli, e ricopriteli. Queste accortezze servono a creare il sottovuoto: il calore si manterrà fino a bruciare tutta l’aria rimasta, e non avrete necessità di bollire nuovamente i vostri barattoli.

La scrucchijata è pronta. Mangiatela subito, o riponetela per quando verrà Natale. Ammesso e concesso che a Natale ci arrivi!

Ventinove anni e un nome insolito. Ho cominciato a scrivere storie poco più tardi di quando ho cominciato ad ascoltarle, prima da mia madre, poi da mia nonna, poi da chiunque ne avesse una da raccontare.

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