La vita quotidiana in una città medievale: atmosfere, notizie, intrattenimento.
Prima di immaginare una città del medioevo, proviamo ad immergerci in una città dei nostri giorni: la prima cosa che ci viene in mente sono i rumori: le macchine, i clacson, i motori accesi. Probabilmente sentiamo qualche voce, ma sempre al di sopra del traffico. Vediamo persone andare a piedi, in bicicletta, in moto, in macchina, in autobus. Vediamo i cartelli stradali, le automobili parcheggiate. Nulla di tutto questo sarebbe ancora lì se improvvisamente venissimo catapultati indietro di circa ottocento anni.
Le atmosfere della vita medievale.
La prima cosa che colpisce in una città medievale è il cambio di suoni: il rumore di fondo del traffico verrebbe sostituito da un vociare più intenso di adulti, ma anche di bambini; dal rumore delle azioni umani che svolgono, ad esempio, dentro le botteghe; dalle grida degli ambulanti o dei venditori nelle piazze del mercato; dal verso degli animali e dal procedere di carri e cavalli, che cambiavano a seconda del luogo, dei giorni o delle ore.
Gran parte della vita quotidiana del medioevo si svolgeva fuori dalle case. Immaginiamo quindi donne che chiacchierano o ricamano sedute sulle porte, bambini che gridano o piangono. Sicuramente c’erano in giro molti più bambini di quanti ce ne siano oggi e per una serie di ragioni molto semplici: si facevano più figli e si viveva di meno, quindi sarebbe stato più facile incontrare bambini e ragazzi che persone anziane. Non esistendo poi l’obbligo scolastico, i bambini erano con ogni probabilità in strada a giocare o a lavorare.
Anche le attività commerciali si svolgevano in strada: le botteghe artigiane, situate al primo piano delle abitazioni, affacciavano sulle vie di passaggio ed esponevano le loro mercanzie su banchi di legno o in muratura. Sappiamo dalle fonti del tempo, che gli artigiani erano soliti lavorare canticchiando o fischiettando, qualcosa che, in mancanza del rumore del traffico, sarebbe stato facile udire all’esterno.
Nelle piazze del mercato o lungo le vie percorse dagli ambulanti, risuonavano le grida dei venditori, che richiamavano a gran voce gli acquirenti. Nel medioevo non esistevano i frigoriferi, quindi bisognava uscire a comprare i prodotti freschi quasi ogni giorno.
Non c’erano nel medioevo televisioni, radio, telefoni o giornali, quindi tutti i momenti che non erano dedicati al lavoro, soprattutto in città, si trascorrevano in compagnia. In un manoscritto trecentesco intitolato “Ménagier de Paris”, compare la descrizione di uno spaccato cittadino di quel tempo: alcuni uomini, di ritorno dalla guerra, trovano le loro mogli intente a chiacchierare o a giocare a carte con le vicine, a cantare o a raccontare storie o ancora a giocare a mosca cieca. Si tratta di un cattivo esempio di comportamento femminile: gli uomini avrebbero preferito mogli pie e devote, recluse in casa a lavorare la lana o a rigovernare. Ma è chiaro, anche dall’analisi dei dipinti di quegli anni, che le donne amavano stare affacciate alle finestre o sedute nelle logge esterne – e del resto quello medievale era un mondo povero di intrattenimenti privati e si dava per questo una grande importanza alla socialità.
Il tempo, le ore, gli annunci.
Tra i suoni che avremmo udito, non sarebbero mancate le campane. Le campane nel medioevo erano infatti essenziali per scandire il tempo: annunciavano l’inizio e la fine della giornata, richiamando all’interno tutti coloro che ancora si attardavano oltre le mura all’appressarsi della sera. Le campane suonavano sempre all’alba e per tre volte al tramonto, così che fossero udibili da tutti. La divisione delle ore nel medioevo non era regolare, ma basata sul movimento del sole, così che le ore diurne in estate risultassero più lunghe che in inverno.
La campane non si limitavano a segnare l’ora: con rintocchi diversi potevano richiamare alle adunanze politiche o segnalare pericoli improvvisi. Si suonavano le campagne per avvisare dello scoppio di un incendio, che era piuttosto frequente nel medioevo, o di una sommossa, o per annunciare la morte di qualcuno, con rintocchi lugubri, così che chiunque le ascoltasse si raccogliesse in preghiera.
Bisognava stare molto attenti a suonare le campane al momento giusto: una fonte medievale racconta che nella Firenze del 1307 i campanari vennero multati per aver suonato un falso allarme, mettendo in agitazione tutta la città e provocando non pochi disordini.
I passatempi in strada.
Nel medioevo si passava in casa pochissimo tempo: gli interni erano piccoli e scarsamente illuminati anche di giorno, perché, per evitare la dispersione di calore, le finestre erano poche e ridotte. Così con il sorgere del sole, annunciato dalle campane, iniziava una giornata che si sarebbe quasi solo all’esterno.
Non soltanto le commissioni quotidiane, come l’acquisto dei beni di prima necessità, e la vita sociale avvenivano fuori: fuori si svolgeva tutta una serie di incontri comunitari, che andavano dalle predicazioni cristiane, all’intrattenimento e alle esecuzioni pubbliche, le quali dovevano essere svolte come monito alla vista di tutti.
Le funzioni religiose si facevano in chiesa, ma capitava che i grandi riti e gli incontri con predicatori famosi, venuti magari da lontano, avessero luogo all’esterno, nella piazza della cattedrale. Era così ad esempio per le sacre rappresentazioni, che potevano durare giorni, e che, per forza di cose, richiedevano spazi molto grandi. Durante questi eventi, maschi e femmine assistevano separatamente, per evitare che si distraessero.
Sempre fuori, lungo le strade, si svolgevano anche gli intrattenimenti profani. Si raccontavano storie, di cavalieri e dame, ma anche di santi. Si facevano giochi di prestigio, si giocava a carte o ai dadi. Quest’ultimo era un divertimento piuttosto diffuso, che la Chiesa tollerava ma di certo non approvava: riscaldati dal vino e dal gioco, gli uomini si lasciavano andare a bestemmie o a menare le mani, e proprio per questo la disapprovazione diventava dura condanna quando a giocare era una donna: il gioco d’azzardo era infatti considerato una cosa per soli uomini.
Non mancavano battagliole a mani nude, con i pugni o con armi di legno: questi erano divertimenti a cui prendevano parte soprattutto gli adolescenti maschi e verso i quali le autorità cittadine avevano in genere un comportamento ambiguo. Difficilmente le limitavano del tutto, perché costituivano una valvola di sfogo per i giovani ed erano utili come allenamento alla guerra, nonostante capitasse di frequente che da giochi o piccole scaramucce si trasformassero in scontri sanguinosi tra fazioni rivali, che potevano anche concludersi con morti e feriti. Le battagliole in strada scemarono d’importanza a partire dal XIV secolo, quando il ricorso alle truppe mercenarie divenne più frequente e diffuso.
L’intrattenimento medievale.
Un’importante forma d’intrattenimento medievale era rappresentata dallo spettacolo dei giullari: individui senza fissa dimora, che giravano di città in città e si guadagnavano da vivere offrendo i loro spettacoli ai signori ma soprattutto alla gente comune. Tra loro c’erano prestigiatori, che proponevano giochi di destrezza, come quello dei tre bussolotti, o danzatori e acrobati, che potevano esibirsi singolarmente o in gruppo; c’erano ammaestratori di animali, che facevano esibire i cani o le scimmie, spesso con metodi anche violenti e servendosi di fruste e bastoni; c’erano i ciarlatani, che oltre a vendere prodotti di dubbia provenienza e utilità ne presentavano le caratteristiche con metodi affabulatori e spettacolari.
Nel medioevo erano particolarmente apprezzati gli spettacoli di contorsionismo; esistevano già i numeri di trampolieri e non mancavano spettacoli di danza, spesso parodica, o esecuzioni di musici, che spaziavano dalla musica angelica a dissonanze creative, che avevano l’unico scopo di divertire il pubblico. Quasi tutti i giullari sapevano suonare strumenti musicali e spesso indossavano campanelli o cembali, che facevano rumore quando si muovevano.
Non tutte le esibizioni erano pensate però per ridere: c’erano anche i cantastorie, che raccontavano, cantando o interpretando, spesso con l’accompagnamento musicale, testi famosi o di loro invenzione. Molti cantastorie erano anche poeti e scrivevano testi, altri riproponevano opere altrui, introducendo modifiche del caso, spesso dettate dalle situazioni contingenti in cui lo spettacolo si svolgeva.
Nel medioevo non esistevano diritti d’autore e per molto tempo le storie furono tramandate, imparate e riproposte solamente a voce. Un aspetto interessante di questi cantastorie è che, venendo da lontano, spesso non parlavano la lingua del posto: così ricorrevano a linguaggi misti, a sovrapposizioni di dialetti e suoni privi di significati logici che, misti a gesti ed espressioni particolari, potevano essere compresi da tutti. Questo tipo di “linguaggio” venne chiamato Grammelot e fu ripreso da Dario Fo nel 1969, nell’opera teatrale “Mistero buffo”.
Le notizie in città.
Giullari e saltimbanchi furono per tutto il medioevo malvisti dalle autorità ecclesiastiche: si trattava infatti d’individui senza dimora, che mostravano, trasfiguravano e in qualche modo “vendevano” il loro corpo al pubblico, andando così contro natura e contro Dio. Ma era anche grazie a loro che le notizie di luoghi lontani riuscivano spesso a raggiungere le città.
I mezzi di comunicazione del tempo erano molto limitati. Le notizie arrivavano letteralmente a piedi, al massimo a cavallo, attraverso gli stranieri e quelle poche persone, i mercanti ad esempio, che avevano l’opportunità di viaggiare. Nel medioevo sistema postale come lo intendiamo noi oggi non esisteva: esisteva la corrispondenza privata, ma veniva recapitata da privati cittadini o da individui che per qualche ragione si spostavano di città in città. La frammentazione politica tipica del medioevo aveva reso di fatto impossibile il mantenimento del sistema postale romano, che era in uso molti secoli prima, e il fatto che non esistessero numeri civici o indirizzi complicava ulteriormente le cose: quasi sempre la posta doveva essere affidata a conoscenti, che sapessero dove andare a trovare i destinatari.
Le disposizioni e le delibere del Comune venivano in genere affidate alcune categorie di «notiziari» professionisti: degli araldi o dei banditori a cavallo che avevano il compito di diffondere i proclami, i bandi di cattura, le condanne e le sentenze, richiamando il popolo all’attenzione con suoni corni o squilli di trombe. Si univano a loro i «gridatori» comuni, di solito persone di condizione miserabile, assoldati a giornata per «gridare» le notizie in giro per la città o nelle taverne.
Proprio perché gli editti e le leggi venivano «gridate», con il tempo si cominciò a chiamarle «gride», un termine che a Milano rimase in uso almeno fino al XVIII secolo.
Fonti:
A. e C. Frugoni, Storia di un giorno in una città medievale.
https://it.wikipedia.org/wiki/M%C3%A9nagier_de_Paris
https://www.treccani.it/enciclopedia/grida/
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_posta#La_%22prima_rivoluzione_postale%22